Le "Stanze": l ’incontro fra Iulo e Simonetta (Primo libro)

Letteratura e teatro

Iulo (Giuliano de’Medici) è un giovane devoto a Diana, la dea della caccia: vive nei boschi insieme a pochi compagni, disprezzando l’amore. Cupido, per vendicarsi, forma con l’aria (e con sua man lieve aier compuose) l’immagine di una cerva (cervia) e la fa apparire davanti a Iulo:

 

e con sua man di leve aier compuose[1]
l’imagin d’una cervia altera e bella:
con alta fronte, con corna ramose,
candida tutta, leggiadretta e snella
.(34)

 

Il giovane si allontana dai compagni di caccia per inseguire la preda che tanto desidera (drieto alla sua desianza). Dopo una lunga corsa giunge in un fiorito e verde prato, ed ecco la cerva (fera) scompare (sparve) ad al suo posto appare una ninfa (Simonetta Vespucci):

 

Era già drieto alla sua desianza
gran tratta da’ compagni allontanato,
né pur d’un passo ancor la preda avanza,
e già tutto el destrier sente affannato;
ma pur seguendo sua vana speranza,
pervenne in un fiorito e verde prato:
ivi sotto un vel candido li apparve
lieta una ninfa, e via la fera sparve
. (37)

 

Il giovane si innamora perdutamente di lei al primo sguardo: gli sembra (parli) che dal viso e dagli occhi della fanciulla provenga qualcosa che scende nel suo cuore (al cor gli ficchi), suscitando in lui un’ emozione dolce e sconosciuta (nuova dolcezza):

 

La fera sparve via dalle suo ciglia,
ma ’l gioven della fera ormai non cura;
anzi ristringe al corridor la briglia,
e lo raffrena sovra alla verdura.
Ivi tutto ripien di maraviglia
pur della ninfa mira la figura:
parli che dal bel viso e da’ begli occhi
una nuova dolcezza al cor gli fiocchi
(38)

 

La cerva e la ninfa hanno le stesse caratteristiche: candore, grazia, nobiltà del portamento:

 

Candida è ella, e candida la vesta,
ma pur di rose e fior dipinta e d’erba;
lo inanellato crin dall’aurea testa
scende in la fronte umilmente superba.
Rideli a torno tutta la foresta,
e quanto può suo cure disacerba;
nell’atto regalmente è mansueta,
e pur col ciglio le tempeste acqueta.(
43)

 

Per descrivere la straordinaria apparizione, Poliziano utilizza espressioni che richiamano la Vita Nova (Con lei sen va Onestate umile e piana), la Commedia (sotto un candido vel[2]; che ogni chiuso cor volge la chiave[3]), il Canzoniere di Petrarca (ivi tutto ripien di maraviglia; e quanto può suo cure disacerba[4]). La ninfa Simonetta è una creatura affascinante e misteriosa, che assomma in sé caratteristiche diverse e contrastanti: è, insieme, umile e orgogliosa, docile e regale. Per esaltare queste sue caratteristiche, il poeta crea ossimori originali e musicali: umilmente superba e regalmente è mansueta.

 

Poliziano utilizza anche figure mitologiche – la fanciulla è simile a Talia, la dea della poesia lirica, a Minerva, la dea della sapienza, a Diana, la vergine (casta) dea delle selve – e personificazioni, tipiche dello stilnovismo: l’Ira sta lontana da lei, la Superbia non può starle a lungo vicino, sue compagne sono la Bellezza (Biltà) e la Leggiadria:

 

Sembra Talia se in man prende la cetra,
sembra Minerva se in man prende l’asta;
se l’arco ha in mano, al fianco la faretra,
giurar potrai che sia Diana casta

Ira dal volto suo trista s’arretra,
e poco, avanti a lei, Superbia basta;
ogni dolce virtù l’è in compagnia,
Biltà la mostra a dito e Leggiadria.(
46)



[1] Il motivo dell’immagine falsa, formata con l’aria da un dio per ingannare si trova nel libro X dell’Eneide, dove Turno insegue una falsa immagine di Enea creata con l’aria da Giunone.

[2] Richiama il canto XXX del Purgatorio e l’apparizione di Beatrice a Dante: Così dentro una nuvola di fiori/
Che dalle mani angeliche saliva,/E ricadeva giù dentro e di fuori,/Sovra candido vel cinta d’oliva/
Donna m’apparve sotto verde manto/Vestita di color di fiamma viva (vv 22-33)
.

[3] Significa: Che apre i recessi più intimi e nascosti del cuore; il riferimento va al canto XIII dell’Inferno, vv.58-59, dove Pier delle Vigne afferma: Io sono colui che tenne ambo le chiavi/ del cor di Federigo

[4] La prima espressione (pieno di meraviglia) richiama il Canzoniere CLX (pien di meraviglia); la seconda (quanto può addolcisce le sue pene), il Canzoniere XXIII (il duol si disacerba)

 

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