Il "Sidereus Nuncius"

    Letteratura e teatro

    Nel periodo passato a Padova, Galileo impiega molto tempo per rispondere alle esigenze della repubblica di Venezia che pretende sempre nuove invenzioni di tipo tecnico e pratico. Ciò da un lato lo disturba, impedendogli di concentrarsi su opere di largo respiro scientifico-filosofico, ma dall’altro asseconda quel rapporto della matematica con le macchine e con gli strumenti che è alla base delle innovazioni rivoluzionarie da lui introdotte. Proprio a contatto con l’ambiente dei tecnici e degli artigiani, e in particolare con i vetrai di Murano, nel 1609 Galileo, prendendo spunto dagli esemplari di cannocchiale provenienti dall’Olanda, fa costruire il primo telescopio. Nell’inverno del 1609 trascorre la maggior parte delle notti a puntare il cannocchiale verso il cielo. Scopre così che la superficie della Luna non è diversa da quella della Terra, il numero delle stelle è infinito, e Giove ha dei satelliti che gli ruotano intorno creando un sistema che, in piccolo, è identico a quello solare e che quindi contribuisce ad abbattere la teoria aristotelico-tolemaica. Mentre di notte lavora, di giorno trascrive le proprie scoperte componendo il Sidereus Nuncius (“Annunzio sidereo” o “Nunzio delle stelle” o, potremmo oggi dire, “Relazione sulle stelle”): si tratta di un rendiconto scientifico che comunicava ai dotti di tutto il mondo (di qui l’uso del latino) le nuove scoperte. L’opera, dedicata a Cosimo II de’ Medici, è scritta in un latino semplice, sobrio e asciutto: nonostante il titolo che rivela un certo gusto barocco, l’autore bada all’essenziale e si limita a una rigorosa esposizione scientifica; tuttavia lo stesso Galileo aveva intenzione, come rivela la traduzione di pochi anni successiva del suo allievo Viviani, di offrire al pubblico la sua opera in una riedizione in toscano. Il Sidereus Nuncius ha grande fortuna, rivoluzionando l’immaginario dell’uomo secentesco e segnando una svolta importante. L’uomo cessava di essere il centro del mondo e l’universo non era delimitato dalle Stelle Fisse, ma infinito e popolato da infiniti mondi. Nel brano di esordio Galileo oltre a presentare il contenuto della sua opera, contenente «novità non mai udite per tutti i secoli andati», sottolinea «di aver trovato e scoperto quattro nuove stelle erranti»: il riferimento è ai quattro satelliti di Giove (Io, Callisto, Europa e Ganimede), detti ancora oggi «medicei» per la già ricordata dedica a Cosimo II.

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