Qual è la storia linguistica dell’emigrazione italiana nel mondo?

    Emigrazione e lingua italiana nel mondo
    Emigrati italiani a Ellis Island (1911)

    L’Italia unitaria ha visto emigrare verso altri Paesi milioni di propri cittadini che a più ondate sono partiti per “fare fortuna”, portando con sé la propria lingua e la propria cultura.

     

    I cambiamenti linguistici ed identitari che si sono verificati nell’Italia postunitaria possono essere descritti anche in relazione alla storia linguistica dell’emigrazione italiana nel mondo, ricostruendo non solo i cambiamenti linguistici delle nostre comunità all’estero, ma anche il loro rapporto con l’italiano, i paralleli mutamenti nell’assetto linguistico del nostro paese, il destino dei dialetti, gli interventi dello Stato italiano a favore dell’identità linguistica dei nostri emigrati, la posizione attuale dell’italiano nel “mercato delle lingue” (Calvet L.-J., Le marché aux langues, 2002), lo spazio linguistico italiano globale.

     

    Già nel 1963 Tullio De Mauro nella sua ricostruzione storica delle vicende dell’italiano post-unitario aveva individuato nell’emigrazione italiana verso l’estero uno dei fattori cardine del processo di italianizzazione della penisola. Più recentemente Vedovelli, ricostruendo la Storia linguistica dell’emigrazione italiana all’estero (2001) consolida questa interpretazione, approfondendo il ruolo giocato dalle comunità italiane. I primi emigrati italiani all’estero sono partiti per lo più dialettofoni e analfabeti, portando con sé il dialetto ed entrando in contatto sia con la lingua del Paese ospite che con i dialetti degli altri italiani. All’estero hanno vissuto processi paralleli a quelli verificatisi dentro i confini nazionali, con lo sviluppo di dinamiche linguistiche con esiti simili o assimilabili, che hanno portato a una necessaria convergenza verso moduli comunicativi comuni, in virtù della necessità di comunicare tra persone appartenenti a gruppi dialettali distinti. Laddove sono entrati in contatto i dialetti, si sono sviluppate forme di contatto linguistico con esiti spesso ibridi, misti, che hanno portato a convergere verso l’italiano, o quanto meno a ciò che le comunità stesse intendevano per italiano, e verso la lingua del paese di arrivo, pur mantenendo viva, soprattutto nelle prime generazioni, l’identità linguistica più locale, legata alla vita quotidiana e all’espressione degli affetti. Anche i numerosi rientri, con i loro effetti economici e culturali, hanno favorito lo sviluppo linguistico parallelo, così come il valore simbolico dell’identità linguistica, e non solo linguistica, degli emigrati, il loro essere intrinsecamente legati al Paese di origine, o ancora i processi di istruzione/alfabetizzazione e le loro conseguenze sul piano culturale e linguistico.

     

    Ma la storia linguistica della nostra emigrazione può essere interpretata anche come momento di frattura se si guarda alla seconda grande ondata migratoria, quella del secondo dopoguerra, che pur innestandosi e continuando per molti tratti le linee di tendenza dell’emigrazione storica, di fatto introduce numerosi elementi innovativi. Questi emigrati sono maggiormente scolarizzati e forti di una più ampia esposizione alla lingua d’uso nazionale, oltre che maggiormente esposti ai mass media che consentono di entrare in contatto con la lingua realmente usata. Essi percepiscono una forte distanza tra l’italiano usato nei contesti di emigrazione e quello usato in Italia, dando come esito immaginari linguistici in cui si ha un’autovalutazione negativa della propria identità linguistica e l’italiano va conquistato costantemente in quanto mai pienamente posseduto. Le condizioni linguistiche dei giovani e giovanissimi discendenti dei nostri emigrati all’estero, che sono oggetto di un progetto di ricerca loro dedicato, possono invece essere descritte immaginando un vero e proprio slittamento dell’italiano al di fuori del loro spazio linguistico, essendo per costoro l’italiano una vera e propria L2, una lingua straniera da scegliere e apprendere come patrimonio della propria identità o come lingua che nel mercato attuale delle lingue e nei Paesi di residenza di questi giovani ha assunto una posizione di grande prestigio e interesse anche al di fuori delle comunità di origine italiana.

     

     

    Fonte: Storia linguistica dell’emigrazione italiana nel mondo, a cura di Massimo Vedovelli, Roma, Carocci, 2011.