L’ottava ariostesca: una sorridente meraviglia

    Letteratura e teatro

    Benedetto Croce[1] individua nel sentimento dell’Armonia – espresso attraverso un’ironia che è sorriso e non scherno – la forza magica su cui si fonda lo stile di Ludovico Ariosto:

     

    A ridurre le dilettose storie cavalleresche e gli scherzi capricciosi a poesia, e la piccola poesia erotica o narrante e ragionante a più complessa poesia, a far compiere il passaggio e l'ascesa dalle opere minori alla veramente maggiore, a mediare l'immediato, operò il sentimento dell'Armonia […]. La forza magica, che compiva questo prodigio, era il tono della espressione, quel tono disinvolto, lieve, trasmutabile in mille guise e sempre grazioso, che i vecchi critici chiamavano « aria confidenziale » ed enumeravano tra le altre « proprietà » dello «stile» ariostesco […].

     

    E questo tono è altresì la tante volte notata e denominata, e non mai bene determinata ironia ariostesca: non bene determinata, perché è stata troppo per solito riposta in una sorta di scherzo o di scherno […] Ma ciò che non bisogna perdere di vista è, che quell'ironia non colpisce già un ordine di sentimenti, per esempio i cavallereschi o i religiosi, risparmiando altri, ma li avvolge tutti […]. Tutti i sentimenti, i sublimi e gli scherzosi, i teneri e i forti… tutti sono alla pari abbassati dall'ironia ed elevati in lei… Si direbbe, l'ironia dell'Ariosto, simile all'occhio di Dio che guarda il muoversi della creazione, di tutta la creazione, amandola alla pari, nel bene e nel male, nel grandissimo e nel piccolissimo, nell'uomo e nel granello di sabbia, perché l'ha fatta lui, e non cogliendo in essa che il moto stesso, l'eterna dialettica, il ritmo e l'armonia.

     

    Espressione di questo stile, caratterizzato da uno stretto legame fra ritmo e narrazione, è la meraviglia dell’ottava ariostesca, che Croce definisce sorridente:

     

    Sopra l'eguale caduta di tutti, s'innalza la Maraviglia dell'ottava ariostesca, che è cosa che vive per sé: un'ottava che non sarebbe sufficientemente qualificata col dirla sorridente, salvo che il sorriso non s'intenda nel senso ideale, appunto come manifestazione di vita libera ed armonica, energica ed equilibrata, battente nelle vene ricche di buon sangue e pacata in questo battito incessante.



    [1] Benedetto Croce, Ariosto, Shakespeare e Corneille, Laterza, Bari 1968

     

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