Introduzione: cibo, lingua, identità

Cucina

«La cucina è una bricconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria (Pellegrino Artusi, La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene)

 

La lingua della cucina e dell’alimentazione costituisce un settore primario del lessico, dall’innegabile valore anche simbolico: essa esprime un’esperienza fondamentale e quotidiana, con un forte ascendente nelle radici delle singole comunità, e al tempo stesso una marcata proiezione esterna, proprio in quanto fattore identitario. Nelle vicende della storia italiana, segnata da un complesso rapporto fra realtà piccole e grandi, da una significativa frammentazione non meno politica che sociale e culturale, si è venuta col tempo definendo una rete di consuetudini alimentari e gastronomiche, riconoscibili e interscambiabili, pur nel mantenimento delle proprie specificità originarie.

 

Dalle molteplici realtà del Medioevo, alla prospettiva interregionale dei trattati rinascimentali, all’operazione tardo-ottocentesca di Pellegrino Artusi, che ha cercato di creare un codice alimentare unitario, espresso in una lingua comprensibile a tutti, nella tradizione italiana è sempre stato fortissimo il legame fra particolare e universale, fra ciò che è specifico e ciò che aspira a una generale diffusione. Questo è oggi evidente a livello della pratica di cucina, nei continui richiami dei grandi cuochi alla riscoperta e alla validità delle tradizioni locali, rivisitate con spirito nuovo e con le tecniche più innovative; e nella lingua della cucina è plasticamente reso dal convergere dei termini di provenienza dialettale in un fondo di lingua comune, al tempo stesso sensibilmente aperta all’immissione di termini stranieri (francesismi, anglismi, in primo luogo, ma anche parole arabe o orientali, a esprimere bene le nuove frontiere dell’alimentazione).

 

E insieme, mentre il concetto ‘interno’ di identità della cucina si articola secondo tutta questa serie di specificazioni, si nota il fenomenale successo del modello italiano del cibo all’estero, che trascina con sé le parole dell’italiano – talora adattate, talora anche maltrattate e storpiate – a dar conto di una identità riconoscibile ma anche esposta a tradimenti, tanto più evidenti quanto più proiettati all’esterno.