"Gerusalemme Liberata": Armida e Rinaldo

Letteratura e teatro

Armida è la nipote del famoso e nobil mago Idraote, signore della città di Damasco. Ispirato dal demonio (l’angelo iniquo) chiede alla nipote, in nome dell’amore che porta alla sua terra (Per la fé, per la patria il tutto lice) di recarsi al campo cristiano e di tener lontani i guerrieri dalla battaglia – anche Goffredo, se è possibile - utilizzando l’inganno e la seduzione: Prendi, s’esser potrà, Goffredo a l’esca/ de’ dolci sguardi e de’ be’ detti adorni,/sì ch’a l’uomo invaghito omai rincresca/ l’incominciata guerra, e la distorni.

 

Armida non solo è bellissima (Donna a cui di beltà le prime lodi/concedea l’Oriente), ma sotto biondi/capelli e fra sì tenere sembianze nasconde saggezza (canuto senno), coraggio (cor virile) e grande conoscenza delle arti magiche.

Si presenta al campo con i capelli lucenti raccolti in una treccia e un abito bianco che lascia intravedere il suo corpo bellissimo (d’auro ha la chioma, ed or dal bianco velo/traluce involta, or discoperta appare). I soldati (cupide turbe) s’infiammano di desiderio al suo passare: lei se ne accorge ma fa finta di nulla. Davanti a Goffredo si mostra timida e rispettosa (inchinollo riverente, e poi/vergognosetta non facea parola/ Io te chiamo, in te spero), poi racconta la sua triste storia: è figlia di Arbilano, re di Damasco e della bella Cariclia, morta nel darla alla luce; anche il padre è morto di dolore poco dopo affidandola allo zio che, una volta cresciuta, ha cercato di darla in sposa al proprio figlio, un uomo ruvido in atti, ed in costumi è tale/ch’è sol ne’ vizi a se medesmo eguale, ma lei è fuggita e ora il perfido zio desidera la sua morte per usurpare il trono. Con voce flebile e gli occhi pieni di pianto, Armida chiede al principe invitto di darle dieci dei suoi più forti eroi perché la aiutino a riconquistare il suo regno.

 

Goffredo in un primo momento rifiuta temendo di alterare gli equilibri della guerra, ma le lacrime di Armida (il pianto si spargea senza ritegno,/com’ira suol produrlo a dolor mista) commuovono a tal punto i  crociati che Goffredo, per evitare una ribellione, finisce per acconsentire. Così vengono estratti a sorte dieci soldati cristiani e l’insidiosa Armida parte con loro. Ma molti altri, innamorati, la seguono segretamente e il campo cristiano rimane privo dei suoi più validi difensori (Canto V).

 

Nel Canto X, per bocca di uno dei guerrieri fuggiti di nascosto dal campo, veniamo a sapere cosa è accaduto. Armida, con parolette e guardi seducenti, li ha condotti con sé in un castello al cui interno si trova un giardino meraviglioso: V’è l’aura molle e ’l ciel sereno e lieti/ gli alberi e i prati e pure e dolci l’onde/… i marmi io taccio e l’oro/ meravigliosi d’arte e di lavoro.

La donna ha fatto preparare per loro ov’è più densa/ l’ombra e vicino al suon de l’acque chiare… una mensa/ e ricca di vivande elette e care …e cento belle/ servivano al convito accorte ancelle. Poi ha preso una picciol verga, un libro e ha iniziato a leggere. Subito i guerrieri hanno sentito il desiderio irrefrenabile di tuffarsi in acqua! Armida li ha trasformati in pesci: novo pensier m’invoglia:/ salto ne l’acqua, e mi vi tuffo e immergo./ Non so come ogni gamba entro s’accoglia,/ come l’un braccio e l’altro entri nel tergo,/m’accorcio e stringo, e su la pelle cresce/ squamoso il cuoio; e d’uom son fatto un pesce. Poco dopo la maga ridà ai crociati l’aspetto umano e propone loro di farsi pagani e di combattere contro Goffredo: solo Rambaldo accetta, tutti gli altri rifiutano l’indegno patto. Armida allora li imprigiona in una buca oscura; anche Tancredi, che inseguendo Erminia (che lui crede Clorinda), finisce nel castello. Ma, guidato dalla providenza del Cielo, giunge in quel luogo il buon Rinaldo che uccide i guardiani e libera i prigionieri. Tuttavia Armida non si arrende (Canto X).

 

Ricorrendo a un inganno, Armida riesce a far salire Rinaldo su una piccola barca che lo conduce in un luogo meraviglioso, dove, in mezzo a un fiume, una splendida donna nuda canta con una voce ammaliante, che al sonno invoglia . Quando l’eroe si addormenta, Armida – perché di lei si tratta!- esce dall’acqua e si avventa su di lui per ucciderlo. Però appena vede Rinaldo rimane incantata dalla sua bellezza e di nemica ella divenne amante. Così, vinta dalla passione, rinuncia alla vendetta e si nasconde con lui in un palazzo di muri inestricabil cinto che si trova nelle isole della Fortuna, in mezzo all’Oceano: qui, insieme a Rinaldo, vive in perpetuo april molle amorosa/vita. (Canto XIV)

 

Nel frattempo Goffredo, ispirato dal Cielo, decide di inviare Carlo e Ubaldo, valorosi crociati, alla ricerca di Rinaldo. Dopo mille avventure, Carlo e Ubaldo raggiungono le isole Fortunate, superano il labirinto che circonda il castello e giungono in un meraviglioso giardino. Lì, fra le tante meraviglie, mentre un pappagallo che le piume ha sparte/ di color vari ed ha purpureo il rostro,/ canta con voce umana inni all’amore, i due guerrieri di nascosto (ascosi) vedono Armida e Rinaldo abbracciati in mezzo all’erba, mentre si guardano in uno specchio, persi nella reciproca passione (infiammato viso… bei sudor … famelici sguardi). Quando finalmente la maga si allontana, Carlo e Ubaldo pomposamente armati si mostrano a Rinaldo.

 

Il fulgore delle loro armi (de l’arme il lampo) risveglia l’ardente spirto guerrier di Rinaldo, benchétra gli agi morbidi languente,/e tra i piaceri ebro e sopito ei fosse; e quando Ubaldo lo costringe a rispecchiarsi nello scudo, lucido come il diamante, l’eroe prova vergogna di se stesso e vorrebbe nascondersi nel centro della terra. I due amici gli dicono che Goffredo lo aspetta: è lui infatti il fatal guerriero, l’eroe designato dal destino che può decidere le sorti della guerra. Solo lui, infatti, può vincere l’incanto che possiede la selva di Saron, e che impedisce ai crociati di raccogliere il legname necessario a ricostruire le macchina da guerra utili all’assedio e all’espugnazione di Gerusalemme. Ardente di sdegno, Rinaldo si affretta a partire abbandonando in tutta fretta i van fregi e quelle indegne /pompe, simbolo della servitù in cui lo aveva ridottola passione amorosa.

 

Quando Armida si accorge che Rinaldo l’ha abbandonata, prima cerca di richiamarlo a sé con le arti magiche, poi lo insegue e lo supplica, sperando che supplice beltà sia miglior maga. Rinaldo è molto turbato (ei lei non mira; e se pur mira, il guardo/furtivo volge e vergognoso e tardo) ma con uno sforzo sovrumano resiste e vince il tenero affetto che prova per lei e la saluta augurandole ogni felicità. La donna invece gli augura di morire in battaglia invocando il suo nome; poi, vinta dal dolere, perde i sensi. Quando si riprende prepara la vendetta: invoca i demoni perché facciano scomparire il palazzo, sale sul suo carro fatato e volando raggiunge Damasco dove raduna in tutta fretta (frettolosa) cavalieri e donne,/paggi e sergenti e con loro raggiunge Gaza per unirsi alle schiere amiche dei musulmani (Canto XVI).

 

Arriva il giorno dello scontro decisivo fra cristiani e pagani, quello che decide delle sorti di Gerusalemme. Quando i cristiani stanno per vincere, Rinaldo e Armida s’incontrano sul campo di battaglia ed entrambi rimangono turbati: ei si tramuta in volto un cotal poco,/ella si fa di gel, divien poi foco. Rinaldo finge di non averla vista e passa oltre, Armida per tre volte punta l’arco contro di lui, ma Amore le impedisce di scagliare la freccia. Così rimane in balia dei nemici e solo l’intervento del principe egiziano Altamoro, che per salvarla abbandona i suoi guerrieri, le permette di sfuggire alla morte.

L’esercito pagano è annientato: Armida, che ha visto cadere i suoi cavalieri migliori, fugge in una radura e, in preda alla disperazione, medita di togliersi la vita con quelle armi infelici e vergognose che non sono state capaci di uccidere Rinaldo, il nemico – amante. Ma proprio in quel momento sopraggiunge il cavaliero che da tergo ei se le aventa e ’l braccio prende che già stava per spingere la spada nel petto. Armida per l’emozione perde i sensi e mentre cade, quasi fior mezzo inciso,/piegando il lento collo;/ Rinaldo la sostiene facendole d’un braccio al bel fianco colonna e piange commosso.

Quando la guerriera rinviene, Rinaldo le confessa il suo amore e con modi dolcissimi la prega di convertirsi alla fede cristiana, per diventare la sua sposa e la sua regina. Armida subito si rasserena e acconsente, felice di condividere la fede e la sorte dell’uomo che ama: Ecco l’ancilla tua; d’essa a tuo senno/ dispon (Canto XX).

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