"Discorsi del poema eroico": che cos’è la poesia epica?

    Letteratura e teatro

    In questo trattato, Tasso s’interroga sulla poesia epica: deve dare piacere o elevare gli animi? Deve raccontare solo la verità storica? Può esprimersi in modo variato o deve conservare ordine e chiarezza?

     

    La principale finalità del poema epico (l’ottimo fine) - afferma il poeta- è quello di giovare agli uomini, di essere loro utile fornendo esempi alti di azioni da imitare: la poesia è dunque imitazione de l’ azioni umane, fatta per ammaestramento della vita. Il poeta non deve porsi come fine il piacere ma ‘l giovamento. È vero continua - che l’imitazione dà grandissimo diletto, però questo piacere deve essere finalizzato all’utile e all’ onesto, come il miele che serve per far bere ai fanciulli la medicina.

     

    Tasso chiarisce inoltre le caratteristiche e le ragioni del suo stile. La presenza in un’opera di temi e stili diversi non era necessaria ai tempi di Virgilio e di Omero, mentre oggi è indispensabile perché i gusti delle persone sono cambiati ed è proprio questa varietà a risultare particolarmente gradita al pubblico. Inoltre – sottolinea - l’universo creato da Dio è estremamente vario e tutte le sue parti diverse sono collegate e vanno a formare una unità armoniosa; il poema epico, quindi, può riprodurre in piccolo queste caratteristiche dell’universo, collegando fortemente le diverse parti attraverso rimandi e corrispondenza, in modo che formino un tutto inseparabile:

     

    La varietà  la quale essendo in sua natura dilettevolissima non era per aventura così necessaria a' tempi di Virgilio e d'Omero, essendo gli uomini di quel secolo di gusto non cosíisvogliato: però non tanto v'attesero, benché maggiore nondimeno in Virgilio che in Omero si ritrovi. Necessarissima era a' nostri tempi Io, per me, e necessaria nel poema eroico la stimo, e possibile a conseguire.

    […] Però che, sì come in questo mirabile magisterio di Dio, che mondo si chiama, e 'l cielo si vede sparso o distinto di tanta varietà di stelle; l'aria e il mare pieni d'uccelli e di pesci; e la terra albergatrice di tanti animali così feroci come mansueti, ne la quale e ruscelli e fonti e laghi e prati e campagne e selve e monti si trovano; e qui frutti e fiori, là ghiacci e nevi, qui abitazioni e culture, là solitudini ed orrori; con tutto ciò, uno è il mondo che tante e sí diverse cose nel suo grembo rinchiode, una la forma e l'essenza sua, uno il modo, dal quale sono le sue parti con discorde concordia insieme congiunte e collegate.

    […] Così parimente giudico, che da eccellente poeta … un poema formar si possa, nel quale, quasi in un picciolo mondo, qui si leggano ordinanze d'eserciti, qui battaglie terrestri e navali, qui espugnazioni di città, scaramucce e duelli, qui giostre, qui descrizioni di fame e di sete, qui tempeste, qui incendi, qui prodigi; là si trovino concili celesti ed infernali, là si veggiano sedizioni, là discordie, là errori, là venture, là incanti, là opere di crudeltà, di audacia, di cortesia, di generosità; là avvenimenti d'amore, or felici, or infelici, or lieti, or compassionevoli; ma che nondimeno uno sia il poema, che tanta varietà di materie contegna, una la forma e la favola sua, e che tutte queste cose siano di maniera composte che l'una l'altra riguardi, l'una a l'altra corrisponda, l'una da l'altra o necessariamente o verisimilmente dependa; sì che una sola parte o tolta via o mutata di sito, il tutto ruini

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