Dall’Epistolario: Familiari, XXII (estratto)

    In questa lettera a Boccaccio, Petrarca afferma di trarre dai classici ispirazione e un indispensabile esempio per trovare la sua personale e originale espressione poetica e letteraria. La sua è imitazione non servile, mai copia.

     

    Ho letto Virgilio, Orazio, Boezio, Cicerone, non una volta ma mille, né li ho scorsi ma meditati e studiati con cura; li divorai la mattina per digerirli la sera, li inghiottii da giovane per ruminarli da vecchio […] Io intendo seguire la via dei nostri padri, ma non ricalcare le orme altrui; intendo servirmi dei loro scritti non di nascosto ma occasionalmente, e, quando posso, preferisco i miei; mi piace l’imitazione, non la copia, e un’imitazione non servile, nella quale splenda l’ingegno dell’imitatore, non la sua cecità o dappocaggine; e preferisco non avere guida, piuttosto che essere costretto a seguirla in tutto. […] Voglio una guida che mi preceda, non che mi tenga legato a sé,e che mi lasci libero l’uso degli occhi e dell’ingegno, non mi impedisca di porre il piede dove mi piaccia e ad alcune cose passar oltre, altre inaccessibili tentare, e mi permetta di seguire una via più piana, e d’affrettarmi, e di fermarmi e di dilungarmi, e di tornare indietro.

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