Cacciaguida (Paradiso, Canto XV, XVI, XVII)

Letteratura e teatro
Cacciaguida e Firenze antica, miniatura di scuola settentrionale (1456), Firenze

Le anime di coloro che combatterono e morirono per la fede si trovano nel Cielo di Marte: sono luci rosse e fulgidissime che, cantando, formano una croce greca al centro della quale brilla Cristo. Dal gruppo delle anime lucenti se ne stacca una, simile a stella cadente e si avvicina al poeta con lo stesso affetto caldo e paterno che Anchise mostrò al figlio Enea quando lo incontrò nei Campi Elisi. È Cacciaguida, suo trisavolo, che lo saluta con parole piene di orgoglio e tenerezza, utilizzando la solennità della lingua latina. Dante è sangue del suo sangue, la sua fronda, nella quale la grazia divina si è profusa oltre misura permettendogli di giungere – vivo – nel regno dei cieli (canto XV).

 

Attraverso le parole di Cacciaguida, Dante rievoca la condizione felice di Firenze nella prima età comunale, quando le sue insegne non erano mai state trascinate sul campo di battaglia con l’asta rovesciata (come si faceva per scherno con le bandiere dei vinti) e il giglio bianco non era ancora stato sostituito da quello rosso a causa della lotta fra le fazioni.

 

La Firenze dentro alla cerchia antica in cui sono nato e ho ricevuto il battesimo – racconta Cacciaguida – era sobria e pudica, la vita dolce, i cittadini fidati e sereni; oggi quella città è divenuta un luogo di “nequizia”, di costumi molli e depravati, molte antiche famiglie hanno perduto i loro beni e altre si sono mescolate a quelle del contado (XVI).

 

Poi Cacciaguida predice a Dante l’esilio (XVII) (vedi il video). In due terzine molto intense descrive l’angoscia che proverà, costretto a mangiare lo pane altrui e a salire e scendere le scale di case estranee; ma il dolore più grande gli verrà dalla compagnia malvagia e scempia con cui condividerà l’esilio, dai Bianchi, suoi compagni di parte, che si mostreranno ingrati e ostili verso di lui. Non mancheranno però persone cortesi, nobili e generose che lo aiuteranno nella sventura, come Bartolomeo della Scala e Cangrande.

 

E comunque, Dante non dovrà mai rinunciare alla sua missione per timore delle conseguenze. Anche se sarà solo ed esule, dovrà raccontare senza timore ciò che ha visto e sentito compiendo il suo viaggio attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Di sicuro molte persone si risentiranno e proveranno vergogna vedendo messe in piazza le azioni malvagie compiute da loro o da amici e parenti. Ma le parole di Dante saranno come vento che percuote con maggior forza le cime più alte: nei tre regni gli furono mostrati sempre personaggi importanti proprio perché potessero dare un esempio forte e convincente, capace di scuotere le coscienze di quanti leggeranno il suo poema.

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