9.1 Letteratura

    Dialetti e altri idiomi d'Italia
    Cunto de li cunti overo lo trattenemiento de’ peccerille di Giambattista Basile

    Nei suoi primi passi come lingua letteraria, l’uso del dialetto è stato spesso funzionale a rappresentare satiricamente gli ambienti popolari: se consideriamo la drammaturgia, cioè il genere letterario che più di ogni altro si propone di simulare la realtà linguistica effettiva, il Ruzante farà esprimere in una varietà rustica di veneto i propri goffi contadini, così come il veneziano sarà la lingua del chiassoso popolino messo in scena dalle Baruffe Chiozzotte di Goldoni. Il dialetto torna ancora come lingua del popolo nel teatro in milanese di Carlo Maria Maggi e, in epoca contemporanea, nella Napoli portata alla ribalta da Eduardo De Filippo. In poesia, la prospettiva di ritrarre fedelmente il mondo e i valori genuini della “plebe” condurrà a metà ottocento Giuseppe Gioacchino Belli a scrivere in romanesco i suoi sonetti, così come pochi anni prima aveva fatto Carlo Porta per riprodurre – con minori concessioni all’espressività – il popolino di Milano.

     

    Con il modificarsi, nel secondo Novecento, delle condizioni linguistiche della Penisola, quando, per il progredire dell’italofonia, il dialetto non è più, anche per gli strati socio-culturalmente inferiori, la scelta obbligata, la rappresentazione letteraria delle lingue locali privilegia sempre più il loro connotato di lingua in grado di evocare rapporti intimi con la realtà. In questa prospettiva si muove per esempio Pier Paolo Pasolini, che vedrà l’italiano diventare il corrispettivo di una società contemporanea insidiata dalla massificazione dei costumi e della lingua: il dialetto, all’opposto, diverrà il simbolo linguistico di una dimensione “popolare” che vive di un viscerale e genuino rapporto con le cose. Proprio Pasolini curerà insieme a Mario Dell’Arco la Poesia dialettale del Novecento (1952), antologia che rende conto della particolare fortuna conosciuta da questo recupero “poetico” del dialetto nelle diverse regioni d’Italia.

     

    Oggi, la consistenza e la fortuna del dialetto in letteratura (si pensi soltanto all’ormai consolidato successo dei romanzi di Andrea Camilleri, in cui le storie che vedono protagonista il commissario Montalbano si sono sempre più intessute, nel corso del tempo, di “sicilianismi”, sembrano da collegare alla sostanziale pacificazione dei rapporti tra lingua comune e dialetti in seguito alla generalizzata messa in sicurezza dell’italiano da parte della popolazione della Penisola: come negli usi quotidiani, nella letteratura il dialetto non scompare, ma anzi viene recuperato per la sua capacità di determinare immediatamente un salto stilistico della comunicazione in termini di genuinità e di immediatezza.