6. Diffusione circolare: la radio

Mass media
Ragazze con la radio portatile, 1952. Fonte: INDIRE-DIA, Olycom spa

Con la radio negli anni successivi alla Grande Guerra è arrivato un nuovo tipo di comunicazione di massa, basato non più sulla riproduzione di un originale in più esemplari come accadeva a libri e giornali, al disco e anche al cinema, ma sulla diffusione simultanea o trasmissione di un unico messaggio in un numero potenzialmente illimitato di apparecchi. È la diffusione circolare, in inglese broadcasting, che successivamente sarebbe stata la base anche della comunicazione televisiva.

 

In Italia le prime trasmissioni sperimentali cominciarono nel 1922, poi nel 1924 dopo l'unificazione voluta e controllata dal regime fascista nacque l'ente radiofonico nazionale, l'URI, e si è imposto il monopolio sulle radiodiffusioni. L'URI fu sostituita tre anni dopo dall'EIAR e, a partire dal 1944, dalla RAI. Il monopolio sarebbe durato fino al 1974-75, poi si sarebbe avuta fino al 1990, per la radio come per la televisione, una situazione di vuoto legislativo, con la nascita di un grandissimo numero di emittenti a livello locale e subito dopo di network a carattere inter-regionale e spesso nazionale. Cosa che avrebbe inciso in profondità anche sul linguaggio delle trasmissioni radiofoniche.

 

L'ascolto avveniva inizialmente quasi esclusivamente nelle case. Nel periodo fascista, nonostante la politica, a partire dai primi anni Trenta, di forte promozione del mezzo si andò poco oltre il milione di abbonamenti: il possesso di una radio era in generale privilegio dei ceti più benestanti, ma il regime favorì la diffusione pubblica delle principali trasmissioni tramite apparecchi ad ascolto collettivo posti nelle scuole e nelle occasioni più importanti tramite altoparlanti nelle piazze.

È nel periodo successivo al 1945 che la radio diventò un medium a larghissima diffusione, caratterizzato da un'offerta articolata di intrattenimento (non solo musicale), informazione, cultura. Con il diffondersi della televisione la radio non conobbe come molti temevano un declino, anche grazie alla mobilità: dalla fine degli anni Cinquanta la nuova tecnologia del transistor permise la riduzione della dimensione degli apparecchi, che divennero portatili e addirittura tascabili, mentre si diffondeva la presenza della radio nelle auto.

 

Con la fine del monopolio a metà anni Settanta nacque un gran numero di nuove emittenti, locali o specializzate, incluse alcune trasmissioni “di servizio”, e il linguaggio del mezzo si fece informale e dinamico. Oggi la radio è seconda sola alla televisione come medium più seguito dagli italiani.