2. I ricettari e la lingua del cibo

Cucina
Melozzo da Forlì, "Il Platina", 1477

Se si volesse parlare di lingua della cucina italiana dalle origini, si dovrebbe far riferimento al latino, al volgare di base toscana e al francese. Il latino è presente fin dalle prime raccolte di ricette e il suo uso si ritrova ancora successivamente nel De honesta voluptate et valetudine del Platina, il quale, in pieno Umanesimo, ripropose in latino parte del ricettario quattrocentesco di Maestro Martino. Il volgare toscano divenne ben presto la base della lingua usata per i ricettari, accompagnata molto spesso da termini e fenomeni propri di altre aree linguistiche.

 

Il francese, invece, diventata la lingua prediletta dell'Europa del Secolo dei Lumi, si affermò in campo culinario a partire dalla fine del Seicento, arricchendo il lessico della cucina italiana di molti francesismi. Quando, però, si parla di lingua del cibo, e in particolare dei ricettari, non si può non far riferimento alla struttura della ricetta, alla disposizione dei contenuti e al modo in cui l'autore, per lo più cuoco di professione, si rivolge al pubblico (generalmente operatori del settore o ricchi signori fino alla scelta fatta da Pellegrino Artusi di indirizzarsi alle famiglie borghesi).

 

La struttura della ricetta a cui siamo oggi abituati, con una prima parte costituita dall'elenco degli ingredienti e una seconda in cui si espongono le fasi di realizzazione del piatto, sì è affermata soltanto grazie all'Artusi, mentre prima della sua Scienza in cucina ci si limitava all'indicazione delle azioni da compiere.

 

La scrittura delle prime raccolte di ricette presentava molte difficoltà: fino alla prima metà del Seicento, infatti, l'uso di una sintassi monotona, basata su verbi e ingredienti semplicemente accostati, non faceva emergere in maniera chiara le sequenze operative da seguire. Soltanto verso la fine del XVII secolo si sarebbe passati a una sintassi meglio organizzata, grazie all'uso di avverbi e di tempi verbali diversificati. L'affermazione dello stile spezzato nel Settecento avrebbe poi lasciato lo spazio a una scrittura più lineare nell'Ottocento, come dimostrato dallo stile narrativo semplice e comprensibile a tutti usato da Artusi.

 

Anche il modo in cui l'autore si rivolge al lettore cambia nel tempo: inizialmente gli si rivolgeva con il tu; poi, a partire dalla fine del Seicento, si sarebbe passati, grazie anche all'influenza dei ricettari francesi, all'uso del voi. Una scrittura, dunque, in movimento, quella della ricetta, cosa dovuta anche alla varietas.