2.4. Il costume del XIV secolo

Moda e design
Pisanello, "Tra dame", 1433-1438 circa, Musée Bonnat, Bayonne.

Il fenomeno “moda”, seppur il lemma non era ancora presente nella lingua, entrò di prepotenza proprio fra Trecento e Quattrocento. Il cambiamento di fogge, sebbene più lento che nella modernità, era evidente, suscitando calde accoglienze in alcuni e sprezzanti in altri, chierici o laici che fossero: così alle invettive di uno storico come il Villani o alle burle del Boccaccio, si sommerà il secolo appresso il biasimo di un genio come Leonardo da Vinci, che con satira sagace tratteggerà i caratteri salienti delle novità di moda nel periodo, facendo del suo Codice Urbinate un documento prezioso tanto quanto le pitture e le miniature del tempo, fonte insostituibile per la nostra conoscenza.

 

Bizzarrie a parte, in quest’epoca il costume e l’idea di moda videro un radicale progresso che coinvolse tutta la sfera privata dell’individuo. Il mercato dei tessuti, le tecniche di tintura e tessitura, la realizzazione di stoffe sempre più pregiate toccarono un apice qualitativo e quantitativo senza precedenti. Alla raffinatezza e all’eleganza francese, unita con l’esotismo del mondo arabo e dell’Oriente, la manifattura italiana seppe fornire un’impronta stilistica unica che ne rimarcava il livello artistico e culturale raggiunto: certe fogge erano perciò ovunque riconosciute come “all’italiana”.

 

Se la pittura è la grande testimone del costume vigente, a scandire i cambiamenti formali nella linea che veniva a modellare e ornare il corpo umano, è la stretta corrispondenza che si crea fra architettura e abbigliamento. Rosita Levi Pisetzky, nei suoi ancora insuperati scritti sul costume e la moda nella società italiana ci fa ben riflettere su questi passaggi di stile:

 

Ma ecco in vivace contrasto la linea gotica con il suo slancio verticale sostenuto dagli archi a sesto acuto e sottolineato dai pinnacoli delle guglie, che trova perfetta corrispondenza nell’abbigliamento femminile del tempo, con i copricapi a cono aguzzo, le scollature e gli strascichi a punta, e le lunghissime scarpe appuntite, di uso sia femminile che maschile.

 

La verticalità che dona nuova snellezza e slancio nella persona, dipende anche da un dato tecnico-artigianale e dall’evoluzione sartoriale in corso: l’introduzione di asole e bottoni, il maggior agio nel tagliare e modellare le cuciture, una migliore duttilità dei tessuti, ma deriva anche da necessità funzionali della “gente nova”, come potersi muovere più agilmente per ottemperare alle mille occupazioni che la “nuova economia” esigeva. Conservando le vesti talari quali lucco e guarnacca per anziani o uomini di intelletto e di chiesa, ecco allora farsetti più agili e corti, braghe bipartite e coloratissime, più flessibili e intercambiabili con fitti sistemi di laccetti per i più giovani. Per gli amanti del lusso ecco apparire la pellanda nei tessuti più pregiati, con cui dare sfogo alla fantasia attraverso panneggi, frastagliature e fodere, anche in pelliccia.

Più contenuta l’evoluzione del costume della donna del tempo, meno partecipe di fatto e più subalterna alle evoluzioni sociali, anche se nelle classi più nobili la ricchezza di tessuti e accessori contribuiranno a tenere alto l’ideale dell’amor cortese”.