12. Antonio Canova

Arti
Antonio Canova, "Le Grazie", 1816. Fonte: INDIRE-DIA. Ente fornitore: Olycom spa

Nato a Possagno (Treviso) nel 1757 da una famiglia di scalpellini, Antonio Canova è uno dei massimi rappresentanti della cultura neoclassica, che ha contribuito in modo determinante a fare della scultura, in gara con gli antichi, l’arte più rappresentativa del gusto del suo tempo.

 

Grazie alla protezione del senatore veneziano Giovanni Falier, Canova si forma presso lo scultore Giuseppe Bernardi Torretti, dapprima a Pagnano d’Asolo e successivamente a Venezia. Qui frequenta la scuola di nudo all’Accademia di Belle Arti e studia i gessi delle sculture antiche nella Galleria di Palazzo Farsetti.

 

Il primo grande successo gli arride, dopo le statue di Euridice e Orfeo eseguiti per i Farsetti (1773-1776, Venezia, Museo Correr), con il gruppo di Dedalo e Icaro (1777-1779, Venezia, Museo Correr). È il capolavoro della giovinezza che lo consacra sulla scena veneziana e gli consente il primo viaggio a Roma, tra 1779 e 1780.

 

In questa città, che sarà il centro di quasi tutta la sua attività artistica, Canova studia con passione l’antico ed entra in contatto con l’ambiente internazionale che ricercava nello stesso luogo le fonti della cultura classica. Lo scultore è ospite dell’ambasciatore veneto Girolamo Zulian, che lo incarica di scolpire il Teseo vincitore del Minotauro (1781-1783, Londra, Victoria and Albert Museum). Il successo dell’opera gli vale subito la stima e l’amicizia di intellettuali come Gavin Hamilton e Antoine Chrysostome Quatrèmere de Quincy. Giungono immeditamente anche importantissime commissioni ufficiali, come i monumenti a Clemente XIV (1783-1787, Roma, Santi Apostoli) e a Clemente XIII (1783-1792, Roma, San Pietro). Opere in cui Canova supera la tradizione barocca attraverso sorvegliatissimi bilanciamenti compositivi. Dà inizio così ad un rinnovamento profondo della tipologia del monumento funebre, tema costante della cultura neoclassica, che culmina con il Monumento a Maria Cristina d’Austria (1798-1805, Vienna, Augustinerkirche) e con il Monumento a Vittorio Alfieri (1806-1810, Firenze, Santa Croce), opera in stretta relazione con la poetica dei Sepolcri di Ugo Foscolo.

 

La carriera di Canova è segnata da una serie impressionate di capolavori di una bellezza senza tempo in cui il messaggio universale dell’antico viene trasmesso alla sensibilità moderna. Celebrato dai contemporanei come il più grande artista del mondo occidentale, è ammiratissimo per opere a soggetto mitologico come Amore e Psiche (1787-1793, Parigi, Louvre), gruppo voluto dal colonello John Campbell, ma acquistato poi da Gioacchino Murat, che ispirerà una delle più belle odi di John Keats; oppure opere come Venere e Adone (1789-1794, ora Ginevra, Villa La Grange) per il palazzo napoletano del Marchese Francesco Berio di Salza; o ancora la figura di Ebe per il conte Albrizzi (1796-1799, Berlino, Nationalgalerie; con altre versioni successive) cantata poi da Ippolito Pindemonte. Figure di raffinata eleganza in cui lo scultore interpreta l’ideale della grazia teorizzato da Johann Joachim Winckelmann, che raggiunge il punto più alto nella infinitamente fluida composizione del celebre gruppo delle Grazie (noto in due versioni, 1812-1816, San Pietroburgo, Ermitage; 1815-1817, Edimburgo, National Gallery of Scotland - Londra, Victoria and Albert Museum).

 

Nonostante una fama straordinaria, Canova conserva però sempre un carattere schivo e modesto, mantenendo gelosamente l’indipendenza dalle grandi corti europee dalle quali è richiesto con insistenza. L’epoca napoleonica rappresenta il culmine della sua notorietà. Nel 1802 è a Parigi per modellare il busto di Napoleone, che poi raffigura eroicamente come Marte pacificatore (1803-1806, Londra, Apsley Hoouse; versione in bronzo, 1801, Milano, Accademia di Brera). Tra le numerose raffigurazioni dei familiari dell’imperatore spicca il celebre ritratto di Paolina Borghese Bonaparte come Venere vincitrice (1804-1808, Roma, Galleria Borghese), in cui si fondono perfettamente la tradizione classica dei sarcofaghi antichi e l’eletto naturalismo delle Veneri di Tiziano. Lo stretto e duraturo rapporto con papa Pio VII gli consente di diventare curatore del Museo Chiaramonti in Vaticano e nel 1802 Ispettore generale delle Antichità e Belle Arti dello Stato della Chiesa. Nel 1815, dopo la caduta di Napoleone, lo stesso pontefice lo nomina a capo della delegazione della Santa Sede a Parigi, dove ottiene la restituzione all’Italia delle opere d’arte requisite dai francesi a seguito del trattato di Tolentino.

 

Muore a Venezia il 13 ottobre 1822. È sepolto nel Tempio a lui dedicato nella città natale di Possagno.

 

Bibliografia: L’opera completa del Canova, presentazione di M. Praz, apparati critici e filologici di G. Pavanello, Milano, Rizzoli, 1976; F. Mazzocca, Canova e il neoclassicismo, Milano - Firenze, Il Sole 24 Ore - E-ducation.it, 2008; Canova. L'ideale classico tra scultura e pittura. Catalogo e mostra (Forlì, 25 gennaio-21 giugno 2009), a cura di S. Androsov, F. Mazzocca, A. Paolucci con S. Grandesso, F. Leone, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2009.

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