"Myricae"

Letteratura e teatro

La raccolta prende il titolo da una parola che Virgilio usa in un verso nella IV Bucolica: non omnis arbusta iuvant humilesque myricae, non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici.


Il verso di Virgilio posta sul frontespizio di Myricae Arbusta iuvant humilesque myricae – non è identico all'originale: Pascoli ha eliminato la negazione iniziale (non) per sottolineare l'importanza che le piccole cose quotidiane devono assumere nella poesia. In realtà si tratta di un’opera complessa ed eterogenea, dove la rievocazione delle persone care ormai scomparse s’intreccia con la rappresentazione della natura, spesso descritta nei suoi aspetti più cupi e inquietanti; su tutto domina il senso della fragilità della vita e l’incapacità dell’uomo di comprenderne il senso ed il mistero.


In molti di questi componimenti il poeta compie importanti sperimentazioni sul piano del linguaggio e dello stile: trasforma modelli della tradizione classica (come la ballata e il madrigale), utilizza una grande varietà di vocaboli (dialettali, colti, specialistici), dà grande spazio all'onomatopea, disgrega la sintassi per favorire gli aspetti evocativi delle parole.


L’elaborazione di Myricae è lunga e complessa. La raccolta viene pubblicata in nove edizioni. La prima (1891) comprende 22 componimenti, quasi tutti già pubblicati in giornali e riviste fino dal 1877; la seconda (1892) raccoglie 72 poesie; la terza (1894) 116; la quarta (1897) 152, distribuite per la prima volta in 15 sezioni; la quinta (1900)156; le edizioni successive (1903, 1905, 1908, 1911) non presentano varianti rispetto alla quinta; l'edizione del 1911 viene assunta come definitiva e su questa base è stata edita criticamente da Giuseppe Nava (Sansoni, 1974).


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